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    CUCIRE IL MONDO
    "Se pensi in termini di anni, pianta il riso. Se pensi in termini di decenni, pianta alberi. Se pensi in termini di centinaia di anni, insegna alla gente".[1]

    Il progetto Cucire il mondo [2] nasce dalle inquietudini del presente, dalle riflessioni sulla feroce storia umana e dal bisogno di richiamare l'attenzione sul futuro dell'umanità e del pianeta. Il progetto trae origine anche dal bisogno di impedire che le guerre, l'avidità e la follia umana regnino sovrane, rendendo vane le ricerche di strategie eque, responsabili e condivise che affrontino gli atavici problemi del genere umano. Nasce inoltre dall'urgenza di affrontare globalmente i cambiamenti climatici e l'incremento demografico: incalzanti minacce alla stabilità della vita umana sulla Terra.

    Le opere Cucire il mondo sono il risultato di un progetto che, probabilmente, è inattuabile nella realtà, ma possibile in Arte attraverso l'esecuzione di reali e metaforiche cuciture del globo terrestre che dimostrino come l'umile, ma decisivo atto del cucire produca l'unione di realtà separate attraverso l'azione di un esile filo che, nel suo zigzagante procedere, attivi profonde riflessioni sul nostro essere al mondo e nel mondo.

    I lavori che ne derivano non sono mere rappresentazioni cartografiche del globo terrestre, ma sue astrazioni che si rivolgono alla sensibilità e all'intelletto degli osservatori; fantasmatiche apparizioni del mondo che invitano a pensare globalmente l'umanità e il pianeta; visioni che orientano gli sguardi e le menti sulla sua centralità di luogo della nostra esistenza e di quella di tutte le forme viventi.

    Le opere Cucire il mondo non palesano un rassicurante mondo estetico, ma un mondo problematico; non annunciano una sua consolante visione, ma la sua complessità; non trascrivono fedelmente le sue forme fisiche, ma trasmettono inquietanti percezioni esistenziali.

    Nei lavori le mappe della Terra assumono forme sempre differenti: da quelle che evocano una sorta di Pangea primigenia, dove regna unità e coesione, a quelle che presentano un'anomala deriva dei continenti nella quale tutto si mescola e disperde. Ma al di là della varietà delle forme assunte dalle terre emerse, le opere si caratterizzano come presenze tese a sollecitare comportamenti responsabili verso l'umanità e il pianeta: perentorie dichiarazioni che esortino a formulare visioni e cammini comuni tra tutti i popoli del mondo.

    Le forme assunte dalle mappe terrestri non hanno alcuna velleità realistica: non è questa la loro funzione. Decisiva, invece, è la riflessione sottesa alla prassi della cucitura che, con tutte le sue implicazioni, reali e metaforiche, si evidenzia come la manifestazione del mio fermo impegno per realizzare un positivo cambiamento della realtà.

    In particolare nelle opere in tela jeans, le cuciture danno vita ad una estesa rete di interconnessioni che avviluppa il mondo; una pervasiva tessitura foriera di virtuosi pensieri che auspicano un'umanità emancipata da ogni tipo di schiavitù; un intreccio di feconde relazioni tra i popoli che, nel suo problematico dispiegarsi, assurga ad emblema di tutti coloro che non si arrendono alla cupa realtà, ma si attivano per costruire un mondo migliore.

    Le cuciture presenti nelle opere non sono ricuciture del globo terrestre né, tantomeno, suoi rammendi; esse sono totalmente autonome ed emancipate da questi schemi riduttivi, perché esprimono idealità che li trascendono.

    Inoltre le cuciture non sono realizzate con punti dritti - metafora di facili percorsi lineari - ma prodotte intenzionalmente con punti a zig zag che si dispiegano in incerti e contorti tracciati, il cui scompiglio si caratterizza come l'evidenza delle difficoltà che si frappongono al raggiungimento dell'auspicata cucitura del mondo.

    Ma, al di là dei semplici mezzi impiegati - ago e filo - le opere invitano a mantenere vigile la tensione etica, affinché non si arrenda alla cinica realtà dei fatti, ma si allei all'azione trasformatrice del pensiero, della volontà e dell'Arte.

    A tale proposito l'aforisma d'esordio afferma che, per realizzare grandi progetti occorrono molto tempo e tanta dedizione. Facendo propria quella dichiarazione, l'Arte si attiva e "insegna alla gente" la via da seguire. E attraverso il lavoro di cucitura indica la strada che l'umanità deve percorrere per mitigare gli egoismi e innescare fiduciose cooperazioni fra i popoli.

    Seguendo queste riflessioni ho inserito nelle opere il codice degli otto colori che generano tutte le bandiere degli stati del mondo (rosso, giallo, blu, azzurro, verde, arancio, bianco, nero) per richiamare l'attenzione su questi emblemi che vanno riconsiderati in virtù di un superiore bene comune: un mondo che possa trovare giuste soluzioni geopolitiche per il benessere dell'umanità e del pianeta.

    Un altro rilevante aspetto che caratterizza i lavori Cucire il mondo è l'uso della tela jeans come materiale costitutivo delle opere. Il suo utilizzo é fortemente legato all'originario impiego nella produzione di abiti da lavoro, al valore simbolico di libertà che ha assunto nel tempo, alla diffusione mondiale nell'abbigliamento quotidiano e al suo colore blu.

    Il jeans: un rustico tessuto di cotone destinato alla produzione di abiti semplici e pratici, che le ribollenti alchimie dell'Arte hanno mutato in una simbolica pelle del mondo. Una pelle blu: blu come il mare, il cielo e la nostra meravigliosa Terra vista dallo spazio. Un piccolo Pale Blue Dot (pallido punto blu), se fotografata dai confini del sistema solare.[3]

    Dicembre 2017, Luigi Dellatorre

    [1] Confucio (551 a.C. - 479 a.C.) filosofo cinese.
    [2] La prima opera di questo progetto è del novembre 2016. Opere precedenti che testimoniano la mia attenzione al mondo sono: il ciclo Meteo,1998; l'opera S.O.S.?, 2001; il ciclo Accantando (greetings from the world), 2009; il ciclo Accantando (dust of the world), 2008 e 2010; il ciclo Accantando (one world), 2011; la performance Emergenze mondo, 2013; il ciclo Accantando: sgeografie, 2013; le installazioni: Sgeografie (mappe) e Sgeografie (cartografie) entrambe del 2014.
    [3] Così l'astronomo Carl Sagan definì la Terra, quando la vide in una foto scattata, dai confini del sistema solare, dalla sonda spaziale Voyager 1, nel 1990.