SENZA TITOLO (MILANO)
Che cosa comunicano le opere Senza titolo (Milano)? Rappresentano immagini in dissolvimento oppure in formazione? Sono metafore del disgregamento del presente, ed in particolare del tessuto sociale ed urbano, oppure sono le elucubrazioni di una soggettività irrequieta che si lacera nella difficoltà di percepire la realtà? Che senso hanno le energiche deformazioni compiute nelle opere? Sono prodotte per acuire la conoscenza del reale, oppure evidenziano solo lo stato mentale del soggetto che le ha elaborate? Il caotico intreccio di immagini palesa l'incertezza e la complessità della vita contemporanea oppure testimonia l'affiorare di una alterata percezione soggettiva? E' casuale o voluta la scelta di Milano, città emblema della sensibilità contemporanea italiana e per estensione della vita metropolitana, quale campo operativo di questi convulsi scenari?
Credo che tutte queste domande non abbiano risposte certe ed univoche. Quello che suppongo è che le ipotesi espresse possano considerarsi complementari ed interdipendenti.
Per quanto attiene lo specifico ambito esecutivo dei lavori Senza titolo (Milano), direi che la loro essenza è il risultato di una pluralità di azioni che hanno origine nelle immagini fotografiche che ho scattato a Milano. Le foto le ho riprese escludendo il controllo dell'inquadratura per accentuare il parametro dell'emotività operativa, incrementato dall'istintivo puntamento della macchina fotografica nella direzione desiderata, al fine di cogliere l'immediatezza dello sguardo. Più che uno scatto fotografico lo potrei definire un gesto fotografico.
Nello sviluppo del ciclo le foto le ho scattate con differenti modalità. Inizialmente le ho prodotte realizzando, in tempi e luoghi diversi, due scatti sullo stesso fotogramma, in seguito lo scatto è divenuto unico. Tutte queste foto le ho riprese nel formato orizzontale che ho poi traformato in quello verticale affinchè esso, determinando l'allungamento delle forme, palesasse il senso di tensione che le dinamiche della vita metropolitana esercitano nelle nostre esistenze.
In un primo tempo ho riprodotto le fotografie attraverso fotocopie in bianco e nero; in seguito le ho stampate in digitale bianco e nero su carta d'affissione. Queste riproduzioni sono state poi oggetto di una fase prettamente emotiva dominata dal gesto distruttore. Le ho strappate e poi incollate sulla tela in due strati sovrapposti, ma non coincidenti, al fine di produrre parziali affioramenti dell'immagine sottostante e la ricostruzione di quella originaria. A lavoro ultimato ho velato la maggior parte delle opere con dei colori trasparenti ad olio e ad acrilico, lasciando le rimanenti in bianco e nero affinchè, eludendo la seduzione del colore, accentuassero la loro asprezza.
L'adozione della visione frammento / mosaico / pixel, ottenuta smembrando le immagini è stata una scelta congrua, ma ambigua. Un mosaico, ad esempio, si genera partendo da un mucchio informe di tessere che vanno selezionate e adattate per produrre un'immagine che prima non esisteva. In questo procedimento risiede quindi un'operazione di costruzione. Io invece sono partito da immagini esistenti, le ho frantumate e poi ricomposte: un'operazione distruttiva e ricostruttiva della "realtà" iniziale, la foto, che era già il frutto di un approccio emotivo e gestuale alla realtà esperita nel fare lo scatto fotografico. Alla fine di questo processo mi sono chiesto: ciò che ho realizzato è la visione di una città in formazione o in dissolvimento? Ho creato oppure ho distrutto? Ho scoperto nuovamente di non avere risposte univoche. Forse mi sono posto solo delle domande. All'osservatore, e alla sua paziente ed attiva partecipazione, lascio il compito di formulare le possibili risposte.
Il ciclo di opere Senza titolo (Milano), realizzato fra aprile 2003 e ottobre 2006, è costituito da ducentottantasette lavori: collage su tela, formelle e sculture.
Dicembre 2006, Luigi Dellatorre